Gli indifferenti

GLI INDIFFERENTI di Alberto Moravia - Edito: Bompiani - Pagine: 324
Ma bisognava pure andare in qualche luogo; dove?
Gli indifferenti è una panoramica che si estende per alcuni giorni sulla vita quotidiana di una famiglia borghese ai tempi del fascismo. L'intento di Moravia era quello di mettere in luce gli atteggiamenti e i pensieri, tutt'altro che positivi, che si nascondevano dietro le facciate di case e visi e che il regime totalitario, instaurato da Mussolini, soleva nascondere. Infatti, nonostante la patina dorata che la propaganda fascista cercava di stendere sull'Italia, ciò che dilagava nella vita quotidiana dei borghesi, era pura indifferenza. Indifferenza che si trascina dentro ogni animo e si coniuga in modi sempre diversi. In Mariagrazia, la madre di Michele e Carla, per esempio, essa si tramuta in perbenismo superficiale che nasconde uno spirito vanitoso e assolutamente ipocrita, pesante e impiccione. Carla, invece, è invasa da una noia totale che la spinge al cambiamento e che la fa aggrappare a Leo, padrone di casa e amante della madre. Anche Leo è indifferente, proprio nel senso che non gli importa di nessuno se non di sé stesso e dei suoi piaceri, che vuole soddisfare niente meno che con Carla. D'altronde la madre è ormai da buttare, no? Quinto e ultimo personaggio in scena è Lisa, l'animo romantico. È stata introdotta nel sistema dei personaggi con una doppia funzione: essere oggetto dell'invidia di Mariagrazia, che credeva Lisa amante di Leo; provare attrazione per Michele, il quale però non contraccambia. O meglio, lui vorrebbe contraccambiare ma non riesce, non ce la fa proprio. L'indifferenza in lui dilaga talmente tanto che non sa cosa sono i sentimenti. Non sa cos'è l'amore, cos'è l'odio, il senso di protezione, l'invidia. Michele è un inetto, uno che è consapevole della sua condizione ma non ha voglia di cambiare. È un burattino. E no, non lo sto dicendo a caso. Infatti personaggi, vicenda e struttura, possono essere ricondotti a una dimensione teatrale, quella che fa da nucleo caratteristico del Realismo Ottocentesco. 

Questa corrente della prima metà dell'800, stabiliva come connotati per la narrativa, la narrazione della vita quotidiana tramite meccanismi ripresi dalla drammaticità teatrale. Anche se Gli indifferenti risalgono a un secolo dopo (Moravia scrisse il libro a partire dal 1925 ed esso venne pubblicato nel 1929), e diventano il portavoce del Neorealismo, che vuole mettere in evidenza una borghesia che va contro le convenzioni della società ed è annoiata da una vita priva di senso, Moravia voleva inserire il dramma teatrale nell'arte del romanzo.
Questo si riscontra appunto:
- nella struttura: ogni capitolo inizia con l'entrata in scena dei personaggi, accompagnati da una descrizione simile a una didascalia teatrale contenente una panoramica sui costumi, gli oggetti e le luci; successivamente c'è una parte di dialogo fra i personaggi e un soliloquio di uno di questi; infine il capitolo termina con l'uscita di scena dei personaggi che rientreranno in un'altra stanza della casa o in un altro luogo nel capitolo seguente.
- nei personaggi: burattini, maschere, ognuno con un ruolo ben definito da cui non vogliono uscire.
- nella vicenda: la falsità della vita mondana, i pettegolezzi... e poi basti pensare alla scena finale dove madre e figlia, da sempre rivali, sono vestite con abiti carnevaleschi e avanzano abbracciate... più maschera di così non si può.

Insomma, ne Gli indifferenti notiamo una vita prima di valori e di onestà, dove ogni personaggio si lascia andare per l'assenza di affetto sincero e comunicabilità, un dato che risulta dopo i frequenti soliloqui presenti nel libro. Una vita che si ripete sempre uguale, giorno dopo giorno. 
Mi sono chiesta se fosse stato lo stile di Moravia a non attrarmi ma, dopo aver letto un saggio critico e aver scoperto tutti i rimandi teatrali, penso proprio che a non attrarmi sia stata la descrizione di una realtà in cui ipocrisia e indifferenza fanno da... regia.

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